SEZIONE PROVINCIALE U I C I - Provincia di Salerno -
Circolare 23/2010 - OGGETTO: "Noi che camminiamo nella notte".
Cari Amici,
prima di partire per Strasburgo, dove ho rappresentato l'Unione Europea dei Ciechi al Consiglio d'Europa, ho partecipato al Seminario dei Giovani tenendo una relazione sui novant'anni di storia della nostra Unione. Con l'occasione ho fatto leggere una lettera aperta scritta per l'ottantesimo anniversario della nostra Associazione. Lettera che, a mio parere, contiene raccomandazioni ancora di grande attualita'. Ho pensato, quindi, di riproporvela quale possibile utile contributo nell'imminenza del rinnovo delle cariche associative. Il messaggio principale, infatti, della lettera e' costituito dal pressante invito a soci e dirigenti a spendersi per la causa associativa. Ho partecipato solo parzialmente ai lavori seminariali; non sono, quindi, nella condizione di esprimere un giudizio di merito; tuttavia, le relazioni ed il dibattito svoltosi alla mia presenza hanno rivelato una associazione viva, disponibile al confronto, desiderosa di incarnare il cambiamento da tutti auspicato, condizione questa necessaria per la liberta' dal bisogno dei ciechi di domani. Ecco la mia lettera aperta che Carlo Monti ha voluto inserire nel libro "In cammino verso le pari opportunita'" accanto a due prestigiose relazioni congressuali, rispettivamente di Aurelio Nicolodi e di Giuseppe Fuca'.
"Cari Amici, permettete di chiamarvi cosi', dopo tanti anni di presidenza e dopo tante manifestazioni di affetto da parte di tanti di voi, mi riesce difficile chiamarvi diversamente. Mi riesce difficile non immaginare l'Unione Italiana dei Ciechi come una grande famiglia all'interno della quale ci si da' del tu, ci si chiama per nome e si diventa amici. Dunque, cari amici, altre volte mi sono rivolto a voi per indirizzare messaggi, lanciare appelli, o chiamarvi alla mobilitazione, e sempre ho avuto risposte immediate e positive. Questa volta, pero', ho bisogno di una maggiore attenzione da parte vostra perch, sto per chiamarvi ad una mobilitazione straordinaria, del tutto speciale, dalla quale dipende il futuro della nostra organizzazione e, quindi, dei ciechi italiani. Una chiamata in soccorso, una richiesta di aiuto per rispondere alla grande agli innumerevoli ostacoli che questo tempo e questa societa', ancora una volta, si incaricano di disseminare lungo il nostro cammino. Di fronte alla luce rossa dell'allarme, non resta che chiedere aiuto. Non e' la prima volta che mi faccio carico di rappresentare i pericoli e le insidie connessi con l'attuale rivoluzione sociale, culturale ed economica. Costantemente, da due anni a questa parte, in Direzione, in Consiglio Nazionale, nelle Assemblee dei Quadri ho messo in guardia nei confronti della sottovalutazione delle conseguenze di certi fenomeni: la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica, il decentramento amministrativo e politico. Altrettanto costantemente, ho sostenuto la necessita' di dare alla nostra associazione un respiro piu' democratico, piu' partecipativo, piu' coinvolgente, chiamando a raccolta tutte le forze disponibili. Un cantiere che cresce ha bisogno di mano d'opera aggiuntiva. Lo scorso 13 aprile il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ci ha fatto l'onore di ricevere al Quirinale l'intero Consiglio Nazionale. In quella solenne occasione ho affidato alle mani calde del Capo dello Stato alcune preoccupazioni e paure dei ciechi italiani. In particolare la paura per l'affievolirsi del sentimento di solidarieta' nella societa' civile e nel mondo politico, per il rischio di esclusione dei ciechi dal mondo della scuola, della formazione professionale e del lavoro a causa del diffondersi delle nuove tecnologie, non sempre accessibili ai minorati della vista e la paura per la eccessiva frammentazione delle competenze nella erogazione dei servizi da parte degli enti locali. Il Presidente Ciampi ha recepito appieno il nostro messaggio ed ha avuto per noi parole affettuose, di grande stima, di incoraggiamento e ha garantito che non ci lascera' soli nella nostra quotidiana guerra contro l'esclusione e l'emarginazione; ma Aurelio Nicolodi ci ha insegnato che il riscatto dei ciechi non puo' che venire dai ciechi stessi. Di qui l'appello del Presidente Nazionale per una mobilitazione straordinaria, del tutto speciale, in grado di dare nuova linfa all'albero del corpo associativo e portare le sue bandiere un po' piu' avanti, piu' in alto verso la meta delle pari opportunita'. Cari Amici, quest'anno l'Unione Italiana dei Ciechi compie 80 anni, infatti il 26 ottobre del 1920 a Genova il grande genio di Aurelio Nicolodi raccolse sotto una unica bandiera tutti i ciechi d'Italia quale che fosse la causa della loro cecita', e traccio' la strada che li avrebbe portati al riscatto morale e sociale. Sulle sue orme, ciascuno con la propria originalita' e personalita', Paolo Bentivoglio, Giuseppe Fuca' e per qualche tempo Roberto Kervin. Quanta strada! Dai gradini delle chiese e dagli angoli delle strade alle cattedre universitarie e alle libere professioni. Dietro questo miracolo c'e' una lunga storia di solitudini, di disperazioni, di angosce, di lotte, di umiliazione e di dolore. Niente ci e' stato mai regalato. Nino Salvaneschi scriveva: "siamo cavalli di razza avvezzi alla lotta e alla resistenza". La storia dell'Unione Italiana dei Ciechi e' storia di lotte e di resistenze contro chi voleva condannarci all'ignoranza negandoci il diritto all'istruzione e all'educazione, contro chi voleva lasciarci nella miseria morale ed economica, negandoci il diritto al lavoro; contro chi ci negava la pari dignita' e codificava la nostra incapacita' di intendere e di volere. Ottanta anni di lotta contro la grande muraglia dell'ingiustizia e del pregiudizio. Ottanta anni di guerra, non sempre vittoriosa, ma i ciechi italiani seppero sempre rialzare la testa e fu cosi' che strapparono il diritto allo studio, al lavoro, fu cosi' che ottennero di vestire la divisa grigio-verde per servire la patria, come tutti gli altri cittadini, in qualita' di aerofonisti. Fu cosi' che venne il riconoscimento di alcune professioni per i ciechi: la massofisioterpaia, il centralinismo, e piu' tardi il diritto all'insegnamento. Per strappare il diritto alla pensione fu necessaria la Marcia del dolore, una fulgida pagina della nostra storia che vide impegnati i ciechi italiani a marciare a piedi, da Firenze a Roma, guadagnandosi la commozione dell'opinione pubblica e l'attenzione dei media e delle forze politiche. Fu vittoria. Piu' tardi l'indennita' di accompagnamento al titolo della minorazione, una straordinaria conquista che restera' per sempre scolpita sulla pietra del tempo. Omaggio al Parlamento italiano che ha saputo scrivere una delle piu' belle pagine di civilta'. Il resto e' storia recente, la scelta coraggiosa dell'erogazione dei servizi e l'impegno a tutto campo verso i piu' deboli fra noi. Dunque i ciechi hanno sofferto, sofferto molto, ma hanno vinto e oggi camminano a testa alta fra la gente esibendo le loro professioni, le loro lauree, la loro produttivita', la loro pari dignita'. Dunque i ciechi hanno vinto, hanno scalato un lungo tratto della grande muraglia dell'ingiustizia e del pregiudizio. Per una cosi' grande vittoria non puo' esserci un solo artefice, ce ne sono tanti, quelli che abbiamo menzionato: Nicolodi, Bentivoglio, Fuca', Kervin e quelli che non abbiamo menzionato; le migliaia di dirigenti e soci che hanno lavorato nell'ombra con umilta', con fede, con passione sapendo di battersi per una causa giusta. Per una cosi' grande vittoria un solo nome puo' essere additato e scritto a grandi lettere nel cuore e nella mente dei ciechi italiani: Unione Italiana dei Ciechi. E' stata grande, e' stata forte, e' stata unita, consapevole, responsabile, ha rappresentato e tutelato al meglio le centinaia di migliaia di ciechi che hanno creduto in lei e a lei si sono affidati. Una realta' apprezzata e invidiata in Italia e, soprattutto, all'estero. Ora, pero', l'Unione Italiana dei Ciechi ha una nuova missione da compiere: difendere il patrimonio delle grandi conquiste e affilare le armi contro i nuovi pericoli di esclusione e di emarginazione. Siamo ormai nell'era del digitale, questa nuova tecnologia informera' di s, l'intera Europa, cosi' come avvenuto negli Stati Uniti, e cambiera' le abitudini e la vita dei cittadini europei. La diffusione di Internet avra' gli stessi effetti rivoluzionari della scoperta dell'energia elettrica. Si navighera' in Internet a doppia velocita', la multimedialita' entrera' nella scuola, nelle fabbriche. Le carte intelligenti influenzeranno l'assistenza sanitaria, il sistema dei trasporti e la pubblica amministrazione; avremo il commercio elettronico, il telefonino e il televisore multimediali. Simboli, questi, di una nuova era: l'era dell'accesso. Presto il mondo si dividera' in due, quelli che saranno in grado di accedere e quelli che non lo saranno. La nuova tecnologia digitale puo' essere una grande risorsa per i ciechi, e i disabili in generale, perch, abbatte le barriere e riduce le distanze. Ma rimane la grande incognita: sara' essa disponibile per i ciechi e per i disabili? La grande industria, che dovrebbe raccogliere la sfida di renderla accessibile, sara' disponibile a investire le risorse necessarie o si lascera' guidare dalla logica della competitivita' e del profitto? Questa nuova sfida, inoltre, coincide con un momento di disimpegno dello Stato verso i piu' deboli, uno Stato che programma la riduzione della spesa sociale e si affida al volontariato e al terzo settore; una nuova missione dunque, una nuova battaglia, una nuova guerra. Per vincere l'Unione ha bisogno di un di piu' che oggi non ha. Di qui la richiesta di aiuto, la chiamata di soccorso, la mobilitazione straordinaria del tutto speciale. Dobbiamo allargare l'area delle responsabilita', mettere in campo tutte le risorse possibili, rinunciare a delegare e sentirsi impegnati in prima persona, ciascuno secondo i propri talenti. Dobbiamo stare insieme e non chiederci che cosa l'Unione puo' dare a noi, ma che cosa noi possiamo dare all'Unione. Vorrei chiamare per nome ciascuno di voi e dirvi: "vieni, c'e' bisogno di te, c'e' bisogno di te per difendere l'indennita' di accompagnamento, il diritto allo studio dei nostri ragazzi, il diritto al lavoro dei nostri giovani, c'e' bisogno di te per dare agli ipovedenti una indennita' speciale degna di questo nome, alle donne le pari opportunita', una speranza agli anziani e ai ciechi pluriminorati. C'e' bisogno di te per difendere l'Unione Italiana dei Ciechi da chi la vuole meno forte, meno libera, meno unita. C'e' bisogno di te per costruire il futuro dei nostri fratelli e dei nostri figli". "Noi, che camminiamo nella notte", non possiamo consentirci di essere egoisti, di essere indifferenti: la solidarieta' e' un dovere morale dal quale nessuno di noi puo' prescindere. Per questi obiettivi dobbiamo gettare il cuore oltre ogni ostacolo e sognare, sapendo con Martin Luther King che un sogno rimane un sogno fino a che a sognare e' uno solo, ma diventa realta' quando a sognare si e' in tanti. Sosteneva Biagio Pascal che le ragioni del cuore sono piu' forti di quelle della ragione, io ho fiducia nel cuore dei ciechi italiani, e sono sicuro che non mi lasceranno solo in questa nuova impresa, "noi, che camminiamo nella notte", saremo ancora artifici del nostro riscatto e, quando la storia chiamera', risponderemo:
"Presente".
Cordiali saluti.
IL PRESIDENTE NAZIONALE prof. Tommaso Daniele